La Turchia è in Guerra?

Regione del Kurdistan
Non era questo l'ordine previsto. Quando ho deciso di affrontare dieci temi su Istanbul e la Turchia in generale - durante questa mia permanenza turca - volevo partire dalla domanda, classica, che tutti, proprio tutti, mi pongono quando dico dove sto andando: è pericoloso? Tuttavia, la decisione di ieri di Erdoğan di sconfinare il territorio meridionale della Turchia, in quella zona che viene definita Kurdistan siriano, mi ha fatto riprogrammare l'ordine dei temi.
È una decisione che non sorprende. Da sempre, infatti, la Turchia ha negato la possibilità di qualsiasi forma d'autonomia dei curdi siriani. Cosa c'è di nuovo, allora? Innanzitutto il fatto che per la prima volta, i turchi entrano ufficialmente in territorio straniero. C'è già stato chi in passato avesse denunciato irruzioni turche nella regione, ma si trattava a) di singoli episodi e b) di eventi sempre smentiti dalle autorità turche. Stavolta invece, Erdoğan parla di guerra al terrorismo, per annunciare l'operazione di terra che verrà messa in moto dal suo esercito. L'altra grande novità (o delusione), riguarda la grande svolta diplomatica USA. Storicamente, Washington e l'Occidente hanno sempre guardato ai curdi come alleati. Non solo, ma questi sono stati fondamentali per la sconfitta del califfato. Dispiace, personalmente, perché pur spesso ideologica, quella curda, quella del confederalismo democratico è stata un'esperienza interessante e positiva, in una regione sempre sconvolta da sangue e morte. Temo che tutto ciò verrà seriamente messo a rischio.
Quali sono le ragioni turche? Secondo alcune stime, la Turchia ha al suo interno tra i 14 e i 20 milioni di curdi, un gruppo etnico che si distribuisce tra altri tre paesi (Siria, Iran ed Iraq) e che non ha mai ottenuto alcun riconoscimento dalla comunità internazionale. La storia tra turchi e curdi è tanto lunga quanto travagliata - da una parte uno Stato, pensato da Mustafa Kemal, che ha fatto dell'unità nazionale una delle frecce principali del Paese; dall'altra un gruppo etnico che non vede riconosciutosi e una cui parte, importante, a partire dagli anni '80 ha intrapreso la lotta armata per raggiungere quei sogni di indipendenza nazionale.
Negli anni recenti le cose sono mutate in modo rapidissimo, e non è questa la sede per ripercorre tutta la storia. Nei primi mesi in cui mi trovavo ad Istanbul, nel 2013, per la prima volta il governo turco, guidato dal Primo Ministro Erdoğan permetteva l'utilizzo delle lettere curde, vietate secondo le leggi del passato. Fu anche permessa la nascita di canali tv nazionali con trasmissioni interamente in lingua curda. Sembrava che la lotta armata di Öcalan fosse alla conclusione. Nel frattempo, un nuovo partito con istanze fortemente filo-curde ma che abbracciava anche questioni postmoderne (femminismo, ambientalismo, diritti LGBTQ+) si affermava: nasceva l'HDP, che nelle tornate elettorali si è sempre attestato attorno al 10 percento dei consensi elettorali, che ha saputo attrarre anche le nuove generazioni turche, quelle istruite, metropolitane del paese. Quando la tensione tra questi due popoli sembrava abbassarsi, la guerra in Siria ha di nuovo scompigliato tutto. La Turchia, e il Presidente Erdoğan in primis temono che una regione curda autonoma, vicina alle popolazioni curdo-turche possa portare ad un effetto domino, fomentando così le speranze dei curdi-turchi di ottenere autonomia, o peggio indipendenza, una vera mina per l'unità nazionale turca. L'attivismo della Turchia in quella regione, i bombardamenti, hanno subito riaperto lo scontro. In effetti, la Repubblica Turca è stata negli ultimi anni vittima di numerosi attentati dinamitardi, in particolare nell'anno 2016. In almeno tre occasioni, a Cinar e due volte ad Ankara, gruppi estremisti curdi hanno rivendicato l'uccisione di decine di civili.
Se fino a ieri, a questa domanda avrei risposto con relativa tranquillità che no, la Turchia non fosse in guerra, oggi lo scenario cambia. Fino a ieri infatti, c'erano sicuramente state operazioni militari turche - tante - nella regione, ma oggi è diverso. Definire con esattezza quando un paese si trovi in guerra, non è facile. L'idea ottocentesca dell'ambasciatore che consegna la dichiarazione di guerra è ormai inesistente e nessuno più afferma apertamente di voler avviare un'operazione militare. Certo è, però, che la Turchia si avvicina molto ad un conflitto. Inoltre, bisognerà vedere quale e se ci sarà una reazione della Siria a tutto ciò.
Quello che mi ha stupito, comunque, è stata l'assoluta tranquillità della città, Istanbul. Ieri, alla notizia del Presidente Erdoğan tutti sembravano piuttosto indifferenti. In città c'era un bel sole, e la questione è così intricata (si combatte da decenni), e così lontana (anche geograficamente) da non destare preoccupazioni. O forse è semplice assuefazione.