Chi era Erdoğan?

06.01.2020

Recep Tayyip Erdoğan nasce nel 1954. La famiglia è di condizioni modeste. Erdoğan nasce nel quartiere popolare Kasımpaşa, di Istanbul. Il Presidente non si è mai nascosto dietro le sue umili origini, anzi, ne ha fatto spesso vanto. Dopo la scuola primaria, Erdoğan si iscrive presso una imam hatip, una scuola statale che preparava alla formazione dei giovani imam, dopo l'abolizione delle madrasse da parte della Repubblica di Turchia. Queste scuole sono state spesso sotto le mire dei militari, che più volte hanno tentato di farle chiudere, non riuscendovici. Finiti gli studi superiori, Erdoğan si iscrive presso la facoltà di Economia dell'Università del Mar di Marmara. Marta Ottaviani, nel suo libro Il Reis riporta voci di come il suo diploma di laurea non sia stato in realtà mai visto da nessuno.

Prima di entrare in politica, il giovane Erdoğan sembrava anche un promettente calciatore. La passione del Presidente per il calcio fa sì che oggi, lo stadio del suo quartiere natio, Kasımpaşa, sia proprio intitolato a Recep Tayyip Erdoğan. Dopo la breve esperienza calcistica, tuttavia, Erdoğan si iscrive al partito di Necmettin Erbakan, il Millî Selâmet Partisi ossia Partito della Salvezza Nazionale. Si tratta di un partito di chiara ispirazione islamista, le cui sorti sono legate al suo fondatore che, dopo alterne fortune (spesso perseguitato ed incarcerato dai militari), diventerà Primo Ministro di Turchia, tra il 1996 e 1997 - poi costretto a dimettersi su pressione dei militari turchi. In pochi mesi, Erdoğan riesce ad affermarsi per carisma. Proprio in quei primi anni di militanza (sono gli anni '70), il futuro Presidente incontrerà Emine Gülbaran. Una donna proveniente da una famiglia conservatrice, che pare leggesse perfettamente il Corano. Si sposano nel 1978 e daranno alla luce quattro figli: Burak, Bilal, Esra e Sümmeyye.

Erdoğan si è sempre tenuto lontano da atti violenti, frequentava piuttosto circoli di intellettuali della destra islamica. Nel 1980, il suo partito viene chiuso ed Erdoğan rientra in quel gruppo di reduci che confluisce nel nuovo partito, il cui leader rimaneva sempre Erbakan, il Refah Partisi, Partito del Welfare. In questi anni, come in tutti quelli in cui ciclicamente governavano i militari, Erbakan è bandito dalla vita politica. In breve tempo, Erdoğan diviene però il responsabile del Partito per la Provincia di Istanbul. Questo ruolo, gli permette di sviluppare una rete così diffusa e stabile di contatti, che nel 1993 riuscì a vincere, correndo come Sindaco di Istanbul. Essendo tra le personalità più conosciute della città, Erdoğan ottenne una vittoria schiacciante. Inoltre, il suo mandato da Sindaco di Istanbul (1993-1998) è generalmente riconosciuto come più che positivo. È stato in grado di mettere mano ad alcuni dei problemi cronici della città. In generale, gli si è sempre riconosciuta la capacità di mettere in pratica le promesse fatte durante la campagna elettorale, così come il suo forte carattere popolare. Ha sempre speso molto tempo (meglio se seguito da fotografi e giornalisti), tra i quartieri più poveri.

Quando il suo successo sembrava inarrestabile, nel febbraio 1997, prese luogo il così detto "colpo di Stato post-moderno". L'esercito, in quell'occasione considerava le politiche promosse dal PM Erbakan troppo islamiste, costringendolo ad adottare alcune misure più secolari (l'esercito turco, in base ad alcune prerogative costituzionali, ha a lungo rivestito il ruolo di garante della secolarizzazione del Paese). Successivamente, Erbakan si dimise. Pur avendo cercato di mantenersi il più possibile sulla scena politica locale, Erdoğan ebbe guai seri a partire dal dicembre 1999. Durante una convention del suo Partito, infatti, il sindaco lesse una poesia scritta da un poeta nazionalista, Ziya Gokalp, che recitava così: "le moschee sono le nostre fortezze/ le cupole i nostri elmetti / i minareti le nostre baionette / e i nostri fedeli i nostri soldati".

La Corte Costituzionale, sotto controllo dei militari, condannò immediatamente Erdoğan per "incitamento all'odio religioso". Egli trascorse così 10 mesi in prigione. Inoltre, ottenne l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. L'episodio, si trasformò in breve in un'occasione d'oro per il Sindaco decaduto. Erdoğan venne accompagnato in carcere da folle di suoi sostenitori, per lo più islamisti. Era come se quel mondo avesse finalmente trovato il suo leader.

Il golpe del 1997, la fine politica di Erbakan, portò alla fine del Partito del Welfare. Così, a cavallo tra il vecchio e nuovo millennio, Erdoğan, assieme ad altri suoi ex compagni di Partito, tra cui il futuro Presidente della Repubblica, Abdüllah Gül, fondò ad Ankara il Partito della Giustizia e dello Sviluppo (Adalet ve Kalkınma Partisi). Un partito che all'inizio presentava caratteri certamente islamisti, tuttavia, coniugati con tradizioni democratiche solide e moderate. Fino a tutto il primo decennio del 2000, l'AKP veniva visto come l'unico partito di governo in Medio Oriente che promuove valori democratici, nonostante possegga un forte background islamista. Le sue politiche, così come le sue performance elettorali, sottolineano l'importanza che la leadership del Partito attribuisce ai valori liberali, alla protezione dei diritti umani, al rispetto dello Stato di diritto, al controllo sui militari, al pluralismo politico. C'era chi addirittura, avvicinava l'AKP alle esperienze della CDU tedesca o della estinta Democrazia Cristiana italiana.

Alle elezioni politiche del 2002, l'AKP corse per la prima volta. Fu subito un successo. Il partito di Erdoğan ottenne il 33.4% dei voti, attestandosi primo tra i partiti turchi. Il Presidente della Repubblica, non potette fare altro che assegnare ad Abdüllah Gül l'incarico di formare il nuovo governo (Erdoğan era infatti ancora interdetto dai pubblici uffici). Qualche mese dopo, il PM turco approvò una legge che rimuoveva l'interdizione per Erdoğan. Il 14 Marzo 2003 Erdoğan poté succedere al suo compagno Gül, che prese il ruolo di Ministro degli Esteri. L'avvicendamento, che si ripeterà in seguito, avvenne in maniera del tutto pacifica. 

Massimo D'Angelo 
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